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Wapsipinicon Peach (Yellow Peach)

Pianta indeterminata a foglie regolari, che offre un'abbondanza di pomodorini con una caratteristica buccia tomentosa a piena maturazione (sono necessari ca. 80 giorni dopo la semina). Il frutto giallo cremoso ha una consistenza superba, un sapore fruttato e complesso, con componenti sia speziate che dolci ben equilibrate. Decisamente meglio se consumato fresco, non è molto spesso usato per le conserve. Ottimo in insalata, semplicemente condito con un po' di olio d'oliva e cosparso di basilico tritato, oppure abbinato alla cv. 'Black Krim'. La famosa studiosa Amy Goldman attribuisce l'origine dei pomodori pesca al lavoro di selezione vegetale di Elbert S. Carman, proprietario ed editore della rivista The Rural New Yorker. Nonostante prenda il suo nome dal fiume Wapsipinicon in Iowa, fu introdotto nel 1890 con il nome di 'White Peach'. Le aziende sementiere iniziarono immediatamente a elencare la novità sotto vari sinonimi e all'inizio del 1900, gli sforzi del proprio lavoro di selezione avevano portato a diverse nuove cultivar "di tipo pesca".
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GRIN TAXONOMY: Solanum lycopersicum L. var. cerasiforme (Alef.) Voss, Vilm. Blumengärtn. ed. 3, 1:721. (1894) - Solanaceae Juss., nom. cons.

 

 

 

 

 

IPNI TAXONOMY: Solanum lycopersicum var. cerasiforme (Alef.) Voss, Vilm. Blumengärtn., ed. 3, 1(1):721 (1894) - Solanaceae Juss., Gen. Pl. [Jussieu] 124 (1789), nom. cons. [= Solanum lycopersicum L., Sp. Pl. [Linnaeus] 1: 185 (1753). - Solanaceae Juss., Gen. Pl. [Jussieu] 124 (1789), nom. cons.]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In Europa questa "novità" botanica fu vista con sospetto perché si pensò che fosse una pianta velenosa in quanto somigliava all'erba morella (Solanum nigrum L.) e di fronte al dubbio venne adottata assieme alla patata come pianta decorativa: i più ricchi situavano questi ortaggi stranieri in bei vasi che ornavano le finestre e i cortili.

Un'altra ragione di un iniziale e netto rifiuto verso il pomodoro come alimento è dovuto sia dalla medicina rinascimentale, che al tempo si legava a doppio filo con le teorie galeniche, sia soprattutto dal fatto che spesso il pomodoro era considerato erroneamente catalogato come un nuovo tipo di melanzana, proveniente dalla Persia e giunta in Italia nel XIV secolo.

 

Nonostante la maggior parte degli studiosi sostenga che non vi sia traccia dell'introduzione del pomodoro a Siviglia (il principale porto spagnolo del XVI secolo) o della sua coltivazione nei giardini reali iberici (poiché raramente i trasferimenti di piante erano considerati abbastanza importanti da documentare) e sebbene la mancanza di registri ci abbia penalizzato, altri ricercatori sostengono per due motivi che sia stato coltivato per la prima volta in Europa a Siviglia: prima di tutto il frutto appare citato nel 1608 in una lista per il vitto dell'Hospital de la Sangre e, inoltre, Siviglia era molto frequentata da mercanti e carpentieri italiani, fornitori di alimenti e imbarcazioni per le spedizioni che partivano verso il continente americano. 

Tanto per fare un esempio sulle varie controversie, si sostiene anche che i primi pomodori che arrivarono in Spagna furono piantati nell'orto del medico e botanico Nicolàs Monardes Alfaro, autore del libro Historia medicinal de las cosas que se traen de nuestras Indias Occidentales (1569): inizialmente il pomodoro viene inteso come coltura con proprietà curative, gradualmente si comprese che poteva avere un utilizzo gastronomico.

 

Considerato che il Regno di Napoli era sotto il dominio spagnolo, la logica conseguenza fu che queste nuove piante esotiche raggiunsero rapidamente l'Italia e divennero oggetto di studio da parte dei naturalisti rinascimentali, che però non specificarono mai la provenienza dei loro pomodori (un'eccezione è rappresentata da Pietro Antonio Michiel oppure da Luigi Anguillara che definiscono la pianta come Pomi del Perù).

 

L'erbario En tibi perpetuis ridentem floribus hortum risalente al XVI secolo e ospitato nel Nederlands Centrum voor Biodiversiteit Naturalis a Leiden contiene la registrazione per quello che è considerato il pomodoro più antico d'Europa (* cfr. foto della scheda). Molti studiosi affermano che questa collezione di piante fu realizzata a Ferrara tra il 1542 e il 1544 e che quindi sia il più antico erbario esistente (va però precisato che recenti studi hanno messo in evidenza che fu realizzato a Bologna intorno al 1558 dal botanico italiano Francesco Petrollini). 

 

Se fosse realistica la prima ipotesi significa che l'anonimo autore italiano aveva raccolto il primo esemplare di pomodoro europeo e avrebbe preceduto Pietro Andrea Mattioli e il naturalista Ulisse Aldrovandi, che raccolse nel 1551 un esemplare di pomodoro coltivato, conservato all'Erbario di Bologna, anche questo considerato tra i più antichi esemplari esistenti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si dice spesso che i termini pomum amoris oppure pomme d'amour si riferiscano alle presunte proprietà afrodisiache del pomodoro, anche se la definizione Amoris poma era già stata coniata da L. Fuchs (1542) nella sua descrizione della melanzana.

In realtà il termine francese è stato probabilmente aggiunto da un traduttore francese dell'opera di Pietro Andrea Mattioli e potrebbe anche essere una corruzione di pome dei Moro

Gli spagnoli diedero prima il nome di "mela dell'amore" al tomatillo messicano (Physalis ixocarpa Lam.) e solo successivamente trasferirono questo nome al pomodoro. Sebbene gli italiani non abbiano mai adottato il nome spagnolo, alcune parole utilizzate come thumatulum nell'inventario dell'orto botanico pisano, tumatl nell'inventario dell'orto botanico bolognese e il termine Tumatle Americanorum usato da M. Guilandino nel suo Papyrus, hoc est Commentarius in tria C. Plinij maioris de papyro capita (1572) suggeriscono che alcuni botanici della prima età moderna conoscessero questo nome. 

 

L'illustrazione xilografica dei pomodori allungati e segmentati di J. Camerarius (1586) divenne la più nota, tuttavia gli esemplari degli erbari del XVI secolo e le immagini di piccoli pomodori sferici in manoscritti inediti rimasero rinchiusi nelle stanze nelle biblioteche e nelle università: ciò ha portato all'idea che i primi pomodori introdotti in Europa fossero "grandi e bitorzoluti", derivanti da una forma mesoamericana più liscia e minuscola, e probabilmente l'antenato diretto di alcuni moderni pomodori coltivati (Smith, A.F., 1994). Secondo E.L. Sturtevant (1919), non c'erano indicazioni che il pomodoro tondo fosse conosciuto tra i primi botanici prima del 1700.

Il fatto che il primo pomodoro descritto in Europa fosse segmentato (Mattioli, P.A., 1544) prova che i pomodori del primo Cinquecento non provenivano da piante selvatiche ma rappresentavano una coltura che aveva raggiunto uno stadio di addomesticamento abbastanza avanzato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Scarsissima è la documentazione relativa all'uso alimentare: le prime sporadiche segnalazioni di impiego del suo frutto come alimento commestibile simile alla melanzana, fresco o spremuto e bollito per farne un sugo, si registrano in varie regioni dell'Europa meridionale del XVII secolo. Antonio Latini, nel suo Lo scalco alla moderna del 1692, descrive la ricetta della "salsa di pomodoro alla spagnuola" diffusa nella cucina napoletana.

Nel 1762 ne furono definite le tecniche di conservazione in seguito agli studi di Lazzaro Spallanzani che per primo notò come gli estratti fatti bollire e posti in contenitori chiusi non si alterassero. In seguito, nel 1809, un cuoco parigino, Nicolas Appert, pubblicò l'opera L'art de conserver les substances alimentaires d'origine animale et végétale pour pleusieurs années dove fra gli altri alimenti era citato anche il pomodoro.

Verso la metà del XVIII secolo i pomodori erano ampiamente consumati in Gran Bretagna e, prima della fine di quel secolo, l'Encyclopaedia Britannica affermava che il pomodoro era "di uso quotidiano" nelle zuppe, nei brodi e come guarnizione. Non facevano parte della dieta della persona media e sebbene nel 1820 fossero descritti come comuni in grande abbondanza in tutti i nostri mercati ortofrutticoli e fossero consigliati a tutti i migliori cuochi, si fece riferimento alla loro coltivazione ancora "per la singolarità del loro aspetto", mentre il loro uso in cucina era associato alla cucina esotica italiana o ebraica.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ll primo riferimento ai pomodori coltivati ​​nel Nord America britannico risale al 1710, quando William Salmon riferì di averli visti in coltivazione nell'attuale Carolina del Sud. Il presidente Jefferson fu un promotore del pomodoro tanto che fu ampliamente coltivato nella sua tenuta di Monticello in Virginia.

 

In Francia nel 1760 il catalogo della Vilmorin-Andrieux classificava ancora il pomodoro come pianta ornamentale: le prime cultivar considerate a pieno diritto come alimentari compaiono nell'edizione del 1778 e in Le Bon Jardinier del 1785.

 

 

 

Considerato che la sua appartenenza alla famiglia delle Solanaceae Juss. e al genere Solanum L. era già stata riconosciuta dai botanici rinascimentali, Joseph Pitton de Tournefort (Élémens de botanique, 1694) fu il primo a considerare il pomodoro coltivato come distinto. Per questo motivo mise piante con grandi frutti multiloculari in un gruppo che chiamò Lycopersicon [composto da nove taxa, di cui due oggi non riconosciuti perché Lycopersicon fructu striato duriori (Solanum pomiferumfructu rotundo, striato duro) si riferisce molto probabilmente ad alcune specie di Physalis L. e Lycopersicon d'Amérique, arborescent, à très-grandes feuilles anguleuses (Élémens de botanique, ed. 1797) corrisponde certamente a Solanum betaceum Cav., precedentemente noto come Cyphomandra betacea (Cav.) Sendtn.

 

Fu poi lo stesso Linneo a classificare scientificamente il pomodoro in Species Plantarum del 1753 nel genere Solanum, con il nome Solanum lycopersicum.

 

Dobbiamo rendere un breve omaggio al botanico francese che nelle sue pubbicazioni espone il suo sistema di classificazione delle piante, il più comune prima di quello di Linneo: si tratta di un sistema artificiale (il cui merito è la precisa definizione di genere, un concetto non nuovo, ma fino ad allora mai utilizzato in modo così chiaro e sistematico) che non pretende di ricostruire l'ordine naturale (cosa a cui mirava il contemporaneo John Ray, che fu uno dei maggiori critici del sistema di Tournefort) ma di offrire un metodo per riconoscere e classificare le piante assumendo come criterio di classificazione principalmente la struttura della corolla e del frutto ]

 

 

Successivamente nel 1768 Philip Miller, considerando che il pomodoro differiva sostanzialmente da altre specie del genere Solanum (come la patata e la melanzana), lo chiamò Lycopersicon esculentum Mill. Questo nome ebbe notevole successo, sebbene fosse contrario alle regole di nomenclatura botanica, secondo cui se si sposta la specie in un nuovo genere, l'epiteto specifico (lycopersicum) non deve essere cambiato, ma solo il nome del genere: Hermann Karsten corresse l'errore nel 1881 e pubblicò il nome formalmente corretto Lycopersicon lycopersicum (L.) H. Karst. (la maggior parte degli autori ritiene che la differenza nella terminazione non debba essere presa in considerazione e che Lycopersicon lycopersicum è un tautonimo, vietato dal Codice internazionale di nomenclatura botanica. Il nome Lycopersicon esculentum Mill. è ora un nomen conservandum).

Nonostante due dei motivi principali per considerare i generi separati siano la struttura delle foglie (le foglie di pomodoro sono notevolmente diverse da qualsiasi altra Solanum spp.) e la biochimica (molti degli alcaloidi comuni ad altre specie di Solanum L. sono vistosamente assenti nel pomodoro) recenti studi, basati su moderne tecniche di biologia molecolare, hanno portato ad inserire nuovamente il pomodoro nel genere Solanum L. dando così ragione a Linneo. Il nome corretto attuale è quindi Solanum lycopersicum L., anche se il nome dato da Miller è ancora utilizzato in molte pubblicazioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il nome del genere e della famiglia deriva dalla parola latina solamen (lenimento, mitigazione) in riferimento alle proprietà medicamentose di alcune piante appartenenti a questo genere. Il nome specifico lycopersicum (pesco del lupo, nome dovuto al fatto che un tempo il pomodoro era ritenuto velenoso) deriva a sua volta dal greco dal greco λύκος e dalla parola latina persica malus (pesco).

Bisogna purtroppo segnalare una incredibile riduzione delle heirloom cultivar in commercio: come per tutte le piante che mangiamo ci troviamo ad affrontare un'omologazione sempre più massiccia e un impoverimento della biodiversità.

 

Per la metà del prossimo secolo le stime valutano attorno al 25% la perdita di specie vegetali presenti sul pianeta, a causa delle deforestazioni, delle pratiche di monocultura e di controllo delle acque, del superpascolo e dell'urbanizzazione. Per fare un esempio basta citare la ''rivoluzione verde'' (che non è stata né verde, né rivoluzionaria, bensì un piano per colonizzare i sistemi agricoli e alimentari) portata avanti in paesi come l'India, l'Indonesia e la Cina (in cui il fabbisogno alimentare costituiva il problema primario) che ha permesso di risolvere molto poco questo problema inasprendolo con un prezzo elevato: sono state coltivate piante ad alto rendimento mentre tutte le altre, coltivate da millenni, sono state abbandonate causando la loro quasi completa estinzione. Oltre alla perdita di biodiversità e al degrado del suolo, le tecniche della rivoluzione verde sono molto inquinanti perché fanno pesante affidamento sui fertilizzanti e fitofarmaci chimici, alcuni dei quali devono essere prodotti a partire da combustibili fossili, rendendo l'agricoltura progressivamente basata sui prodotti del petrolio. Ma soprattutto ha causato dipendenza economica nel caso di utilizzo di OGM e introdotto grandi cambiamenti in un mondo dove la maggior parte delle persone dipende ancora dall'agricoltura per la sopravvivenza, sponsorizzando un'agricoltura di vasta scala ai danni di piccoli contadini che non erano capaci di competere con l'alta efficienza delle sementi della rivoluzione verde.

 

Proprio a proposito della tutela della biodiversità è doveroso omaggiare Nikolaj I. Vavilov, un grande scienziato del secolo scorso che ben ha aiutato a far capire quanto le piante e l'uomo si siano venuti incontro. Per chi è religioso (ma anche per chi non lo è) è come se tutto questo avesse un fine: custodire la vita umana sulla Terra. Servirsi della fisica per incarnare la metafisica. Lo scienziato russo lo dice chiaramente: la mappa della diversità varietale ricalca la mappa della diversità delle etnie. La conoscenza delle aree di origine delle specie coltivate è importante per contrastare l'erosione genetica, la perdita del germoplasma conseguente alla scomparsa di ecotipi e alla scomparsa degli habitat (per esempio le foreste pluviali) e per limitare l'estendersi dell'urbanizzazione.

Vavilov facendosi forte della sua teoria che lega la diversità delle piante a quella geografica riuscì a portare a conoscenza i centri di origine delle piante coltivate: Messico meridionale e centro America (Guatemala, Honduras e Costa Rica), Perù-Equador-Bolivia, America meridionale (l'isola Chiloè nel sud del Cile; Brasile-Paraguay), Mediterraneo, Medio Oriente (Asia minore, Transcaucasia, Iran, altopiani del Turkmenistan), Etiopia, Asia centrale (Punjab, Kashmir, Afghanistan, Tagikistan, Uzbekistan, zona montuosa del Tian Shan), Indo-Birmano (Assam e Birmania), India (Indocina) e Cina.

La sua teoria dimostra che in diverse zone del pianeta si sono sviluppate civiltà in modo indipendente e in luoghi isolati che hanno dato un impulso fondamentale all'agricoltura. La civiltà e l'agricoltura non si sono sviluppate intorno ai grandi fiumi ma in zone montagnose o collinari, ricche di diversità, giungendo solo successivamente in ampie vallate vicine ai corsi d'acqua. Punto fondamentale del suo studio e della sua ricerca era coniugare l'insieme dei dati con le conoscenze locali, il contesto ecologico, gli usi culinari e sociali del materiale raccolto cercando sempre una relazione con le comunità ma soprattutto evidenziare che i centri di origine sono un serbatoio fondamentale di diversità.

Dirigendo la sua attenzione verso le piante domestiche proprio come aveva fatto Alphonse de Candolle (il padre Augustin Pyrame de Candolle fu tra i primi, con Jean-Baptiste de Lamarck, A. von Humbolt, A. Bonpland e A. Engler a fare ricerche e studi sui centri di origine delle piante) nel 1932 arrivò a riconoscere che: «Uno dei fattori più essenziali per comprendere il processo di evoluzione negli organismi viventi è la distribuzione geografica delle specie e delle varietà nel tempo presente e nel passato».

Lo studio delle leggi della distribuzione geografica delle risorse vegetali e l'accertamento dell'enorme diversità infraspecifica della maggior parte delle colture hanno consentito non solo di determinarne la localizzazione ma ha anche offerto l'opportunità di accertare il periodo di origine delle piante più importanti per la coltivazione. Nel 1924 Vavilov scrisse: «La storia e l'origine delle civiltà umane e dell'agricoltura sono, senza dubbio, molto più antiche di quanto ci rivela qualsiasi documentazione antica sotto forma di oggetti, iscrizioni e bassorilievi. Una conoscenza più intima delle piante coltivate e della loro differenziazione in gruppi geografici ci aiuta ad attribuire la loro origine ad epoche molto remote, dove 5000 oppure 10000 anni rappresentano solo un breve momento».

 

 

L'identificazione di parenti selvatici delle colture oggi domestiche è fondamentale per garantire la sicurezza alimentare nel XXI secolo e nel futuro. Ciò è dovuto al loro potenziale utilizzo nel miglioramento delle piante per affrontare gli impatti negativi dei cambiamenti climatici, la crescente scarsità di cibo e acqua e per affrontare nuovi parassiti e fitopatologie.

 

Proprio per questo un principio chiave della biologia evolutiva e vegetale è capire come le piante rispondono e si adattano ai cambiamenti delle condizioni ambientali, che possono essere meglio comprese sfruttando la diversità genotipica e studiando le connessioni tra genotipo e fenotipo: l'individuazione dei parenti selvatici (CWR) delle colture è dunque fondamentale. Sebbene Vavilov avesse già riconosciuto il potenziale dei CWR (Vavilov, N.I., 1926), i progressi degli scienziati hanno approfondito meglio il potenziale dei CWR come fonte di diversità e nuovi tratti per il miglioramento delle popolazioni coltivate. Tuttavia questi progressi scientifici sono ostacolati dal fatto che non abbiamo ancora identificato i CWR di molte importanti specie di colture: la storia evolutiva del cavolo, inclusa l'identificazione del parente selvatico vivente più vicino e l'origine dell'addomesticamento non è ancora chiara a causa della confusione tassonomica e della mancanza di prove biologiche e archeologiche (la confusione tassonomica è forse meglio evidenziata da L.H. Bailey che nel 1930 ha affermato: «Alcune di queste piante sembrano essere più confuse in letteratura che in natura»).

 

 

 

 

 

 

L'origine geografica della domesticazione del pomodoro è stata dibattuta per almeno due secoli: la prova della "teoria sudamericana" è stata fornita all'inizio dalla scoperta di parenti selvatici del pomodoro lungo la costa tra l'Ecuador e il nord del Cile e studi molecolari hanno dimostrato un'elevata diversità delle varietà tradizionali di pomodoro sulle pendici orientali delle Ande in Ecuador e del Perù. Nonostante questo l'origine messicana del pomodoro coltivato è ancora considerata valida.

 

In particolar modo A. de Candolle (Origine des plantes cultivées, 1886) avanzò l'ipotesi della domesticazione peruviana basata sulla botanica (Bauhin, C., Pinax theatri botanici, 1623; Ruiz & Pavón, Florae Peruvianae, Et Chilensis Prodromus, 1797), linguistica (Roxburgh, W., 1832) e storica (Hernández, F., 1651) arrivando a concludere: 1) non c'erano registrazioni naturali inequivocabili di pomodoro al di fuori delle Americhe prima dell'arrivo degli esploratori europei; 2) C. Bauhin (1623) si è riferito al pomodoro come Mala Peruviana, nome che suggeriva una domesticazione iniziale e un trasporto dal Perù all'Europa; 3) la sua selezione è stata dal pomodoro ciliegino selvatico (S. lycopersicum var. cerasiforme), che era noto come diffuso nel Perù costiero, in Messico e negli Stati Uniti sudoccidentali (California); 4) la pianta è stata addomesticata solo poco prima dell’arrivo degli europei nel continente americano.

 

J.A. Jenkins (The origin of the cultivated tomato, 1948) avanzò l'ipotesi dell'addomesticamento messicano argomentando che non c'erano prove di addomesticamento pre-colombiane in Sud America, ma ve ne erano a favore dell'ipotesi che fosse stata resa una coltura domestica in Messico: ad esempio Guilandino (1572) citò il pomodoro come tumatle ex Themistitan, usando un nome indigeno messicano per pomodoro. Jenkins interpretò il nome come una variante ortografica di Temixtitan, che a sua volta è una corruzione di Tenochtitlan.

La seconda prova proviene da Francisco Hernández (1651), che documenta la prima coltivazione del pomodoro in Messico datandola prima del 1578 mentre il terzo argomento ha come punto focale la variazione considerevolmente maggiore delle cultivar autoctone in Messico rispetto al Perù. Seguendo le idee di Vavilov (Studies on the Origin of Cultivated Plants, 1926) Jenkins sostenne che S. lycopersicum fosse stato introdotto in Messico in epoca precolombiana e che vi fu addomesticato in quello che sarebbe diventato un centro secondario di diversità.

 

Il modello attuale per il processo di addomesticamento del pomodoro è che Solanum lycopersicum L. var. cerasiforme (Alef.) Voss abbia avuto origine dalla specie selvatica a frutto rosso Solanum pimpinellifolium L., che si è diffusa lentamente verso nord dal deserto peruviano alla Mesoamerica, adattandosi gradualmente ad ambienti più umidi, estranei all'attività umana. Successivamente, gli indigeni portarono il pomodoro selvatico messicano delle dimensioni di una ciliegia in Sud America, dove fu addomesticato, e lo riportarono in Mesoamerica, dove lo selezionarono ulteriormente nel variabile Solanum lycopersicum L. var. lycopersicum (precisato questo è bene chiarire che molto probabilmente sarà impossibile accertare se S. lycopersicum sia mai esistito o meno in natura o sia stato ottenuto grazie alla selezione umana dallo strettamente imparentato S. pimpinellifolium).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

🠖 Un altro argomento che riveste importanza fondamentale è che il graduale passaggio dalla caccia e raccolta alla coltivazione di piante e all'allevamento è iniziato tra la fine del Pleistocene e l'inizio dell'Olocene, circa 12000–10000 anni fa (Fuller et al., 2014; Arranz-Otaegui et al., 2018). La conseguente nutrizione sostenibile delle grandi popolazioni sedentarie rappresenta una delle transizioni più significative nel corso di 300000 anni di storia dell'Homo sapiens. Le ragioni dietro i cambiamenti comportamentali impliciti in varie popolazioni umane rimangono molto dibattute, ma è probabile che abbiano coinvolto una combinazione di cambiamenti climatici, cambiamenti nella vegetazione, demografia umana e sistemi sociali umani. Undici regioni geografiche sono state identificate come centri di addomesticamento di piante e animali nel continente americano, in Africa, Medio e Vicino Oriente, Asia e Nuova Guinea (Piperno, D.R., 2011) sovrapponendosi in alcuni casi a noti centri di addomesticamento animale.

L'addomesticamento coinvolge gli esseri umani che agiscono come disperdenti e modificatori dell'ambiente biotico e abiotico di una coltura, processo graduale e spesso non limitato a un singolo luogo o popolazione umana. Come risultato di questo processo, le piante coltivate e gli animali domestici condividono serie di tratti modificati denominati "sindrome da domesticazione", che si differenziano dai loro antenati selvatici (Darwin, C., The Variation of Animals and Plants under Domestication, 1868; de Candolle, A., Origin of cultivated plants, 1884; Hammer, K., Das Domestikationssyndrom, 1984; Pickersgill, B., Domestication of plants in America, 2007; Meyer et al., Patterns and process in crop domestication, 2012). Nelle piante la sindrome dell'addomesticamento coinvolge spesso frutti più grandi e zuccherini, riduzione delle difese fisiche e chimiche nelle parti utilizzate dall'uomo, semi più grandi, riduzione della dormienza dei semi, infiorescenze più grandi e semi non frantumabili (nelle erbe e nei legumi). La selezione di piante con proprietà desiderabili è stata probabilmente iniziata dai singoli agricoltori e non ha comportato una selezione di massa (in molti casi il primo tratto selezionato dall'uomo era probabilmente la non amarezza del frutto). 

 

L'esistenza di una relazione di addomesticamento tra le antiche società umane e le specie vegetali può essere dedotta dai cambiamenti morfologici nella documentazione delle popolazioni vegetali bersaglio. In generale le caratteristiche principali associati agli ambienti di addomesticamento sono l'aumento delle dimensioni di semi, frutti e peduncoli e le variazioni di colore rispetto all'antenato selvatico.

Nell'ultimo decennio l'idea che l'addomesticamento fosse un processo rapido (rivoluzione dell'Olocene) ha cominciato a essere seriamente messa in discussione e nuove intuizioni sono emerse da studi archeobotanici che mostrano che il tempo necessario affinché i fenotipi di addomesticamento si manifestino e si fissino nelle specie domestiche in evoluzione è più lungo di quanto si pensasse in precedenza. Uno dei motivi di questo tempo prolungato potrebbe essere che molti dei tratti di addomesticamento delle colture (come l'allargamento della dimensione dei semi e la dimensione dei frutti) potrebbero richiedere molte generazioni per essere fissati in una popolazione, un altro motivo è che gran parte dell'addomesticamento non è stato, come generalmente si crede, effettuato da una selezione deliberata ma piuttosto è il risultato di una selezione (naturale) inconscia di specie incipienti mentre venivano coltivate nei nuovi ambienti dei campi agricoli neolitici. Ciò non solo spiega caratteristiche come la non dormienza del seme e la germinazione sincrona, ma anche la dimensione del seme: semi più grandi possono essere adattativi in ​​diversi modi, migliorando la concorrenza nelle fasi di crescita precoce e la sopravvivenza delle piantine.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Storici, antropologi e agronomi dovranno ancora comprendere più in dettaglio le dinamiche di creazione e diffusione dei diversi gruppi di cultivar e apprezzare il peso relativo dei fattori biologici e culturali in questa storia. Questo compito difficile e ambizioso rimane ancora in una fase di bozza nonostante gli storici delle colture, seguendo Alphonse de Candolle, si siano impegnati a tracciare l'origine delle specie, la loro introduzione in diversi paesi e la loro storia riuscendo a puntualizzare che all'interno di una stessa specie biologica possono coesistere cultivar e gruppi di cultivar con caratteristiche di forma, biologia e soprattutto d'uso molto diverse. E ognuno di questi gruppi di cultivar può avere la sua storia.

È necessario perché una pianta possa essere identificata (in particolare nelle fonti storiche) che sia stata precedentemente notata e adeguatamente descritta, e se questa descrizione sia stata messa a disposizione di scienziati di altre discipline. Ma una descrizione botanica non basta. Deve integrare dati di interesse come contenuto di sostanza secca della polpa, composizione chimica, caratteristiche del frutto o del seme, in generale tutto ciò che ne rende possibile un uso particolare. Gli usi determinano effettivamente il destino di una particolare pianta e la sua percezione da parte delle persone.

La seconda condizione è la disponibilità di un inventario completo dei nomi popolari in molte lingue. Tale inventario è particolarmente critico nel caso delle Cucurbitaceae, che presentano così tante somiglianze attraverso specie botaniche e generi, un fatto che Vavilov ha formalizzato sotto la sua "legge delle variazioni parallele". Queste somiglianze spiegano perché alle piante di nuova introduzione sono stati spesso dati gli stessi nomi popolari delle piante precedentemente conosciute. Questo processo è ben noto ai linguisti, ed è avvenuto in tutte le lingue e dialetti di tutti i tempi, a tal punto che si può affermare che tutte le identificazioni fatte dagli storici devono essere controllate. Ciò è tanto più importante in quanto, andando indietro nella storia, le descrizioni si fanno più fumose e si riducono alla semplice menzione di un nome e anche l'anacronismo è pronto a spuntare. Oltre a quei processi di cambio di nome, dobbiamo affrontare la variazione delle definizioni popolari tra le lingue (ad esempio una 'gourd' in inglese non è necessariamente una 'gourde' in francese, e la distinzione tra 'squash' e 'pumpkin' non corrisponde a quella tra 'courge', 'citrouille' e 'potiron').

Un altro insieme di dati, molto ben utilizzato da alcuni studiosi e ricercatori, è l'iconografia. L'interesse dell'iconografia è stato dimostrato in modo convincente da Banga (1957) per la storia delle carote, in quanto le nature morte olandesi ci consentono di datare con precisione la comparsa delle carote arancioni durante il XVIII secolo. Allo stesso modo, Finan (1948) ha potuto dimostrare che due diversi tipi di mais erano conosciuti in Europa nel Rinascimento, il che viene ora interpretato come la traccia di due distinte introduzioni, una di un mais tropicale dei Caraibi e l'altra di un mais temperato dal Nord America, quest'ultima introduzione non documentata dagli storici. Ma l'uso dell'iconografia è rimasto limitato a causa di vincoli tecnici (costo delle riproduzioni) e legali o finanziari (copyright di musei e biblioteche sulle opere che conservano e copyright dei fotografi). Con la diffusione di internet, non possiamo che sperare che si trovino soluzioni che permettano di rendere pienamente accessibile l'iconografia riuscendo a creare un contesto di lavoro collaborativo, consentendo approcci incrociati di specialisti di diverse discipline considerando che l'esperienza ci dice che gli storici dell'arte non sono preparati a osservare i caratteri che interessano agli agronomi o ai genetisti e, viceversa, questi ultimi spesso mancano di conoscenze storiche.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Chauvet, M. (dall'introduzione fatta in Paris, H. S., The drawings of Antoine Nicolas Duchesne for his natural history of the gourds, 2007)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le Solanaceae Juss., nom. cons. sono una famiglia di angiosperme caratterizzata da una distribuzione mondiale, essendo presente in tutti i continenti tranne l'Antartide (la più grande diversità di specie si trova in Sud America e Centro America). Si tratta di piante particolarmente interessanti non solo perché comprendono molte specie coltivate e ornamentali ma anche una serie di taxa utilizzati come sistemi di modello biologico (Nicotiana spp., Solanum spp., Petunia spp. e quindi Datura spp.).

In letteratura sono stati trovati un totale di 50 reperti assegnati (39 fossili di semi, un fossile di foglie, cinque fiori, due fossili di legno e tre pollini): i primi fossili attualmente riconosciuti attribuibili a questa famiglia includono due semi, datati 48-46 mya, ovvero sia  quelli di Solanispermum reniformis Chandler e Solanum arnense che sono considerati come la prima prova della presenza della famiglia in Europa durante l'Eocene (mentre i semi di Cantisolanum daturoides Reid & Chandler dovrebbero essere considerati come i fossili di Solanacee più antichi anche se sono necessari ulteriori ricerche). Ciò suggerisce che la documentazione fossile della famiglia è ancora lontana dall'essere completa e che ulteriori studi sui fossili sudamericani potrebbero rivelare prove cruciali rispetto ai tempi di diversificazione nelle Solanacee (i tempi di divergenza sono di grande interesse per gli studi di biologia evolutiva e biogeografia storica, ma anche per i ricercatori che si concentrano sulla comprensione di vari tipi di evoluzione dei tratti, come lo sviluppo di percorsi chimici, nicchie climatiche e dimensioni dell'intervallo geografico e morfologico, ecologico e caratteri comportamentali). Proprio per questo nel 2017 gli scienziati hanno riferito della scoperta di un tomatillo fossile datato 52 milioni di anni fa, Physalis infinemundi Wilf et al., trovato nella regione della Patagonia in Argentina: questo ha determinato che, siccome i tomatillos si sono probabilmente diversificati più tardi rispetto ad altre Solanacee, potremmo ipotizzare che la famiglia in questione si potrebbe essere selezionata per la prima volta durante l'era mesozoica nell'attuale Sud America.

L'età delle principali divisioni all'interno della famiglia è stata di interesse in vari campi di studio che hanno stimato quanto segue: pomodoro - patata (ca. 8 mya), melanzana - pomodoro/patata (ca. 14 mya), Solanum - Capsicum (ca. 19 mya) e Solanum - Nicotiana (ca. 24 mya). 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Per concludere abbiamo deciso di fare un riferimento a tre testi che sono stati importanti e che hanno segnato un avvicinamento all'origine delle piante coltivate per gli studiosi e per gli appassionati:

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Tomate o Pomme d’Amour appartiene al genere Solanacee, di cui tutte le specie sono americane (Alph. de Candolle, Prodr.), non ha nome nelle antiche lingue dell'Asia, né nelle moderne lingue indiane (Roxburg, Flora indica; PiddingtonAn English index to the plants of India).Non era ancora coltivato in Giappone ai tempi di Thunberg e il silenzio degli autori arcaici sulla Cina mostra che l'introduzione è moderna. Rumphius (Herbarium Amboinense) l'aveva visto nei giardini dell'arcipelago asiatico. I malesi lo chiamavano tomatte, ma è un nome americano, poiché C. Bauhin designa la specie come Tumatle Americanorum. Nulla suggerisce che fosse conosciuto in Europa prima della scoperta dell'America.

I primi nomi dati dai botanici nel XVI secolo suggeriscono che la pianta fosse stata ricevuta dal Perù (Bauhin, Histoire des plantes de l’Europe, et des plus usitées qui viennent d’Asie, d’Afrique, & de l’Amérique). Era coltivato nel continente americano prima che fosse nelle Indie occidentali, poiché Sloane non lo menziona in Giamaica e Hughes (The Natural History of Barbados) dice che fu portato dal Portogallo alle Barbados non molto più di un secolo fa. Humboldt considerava arcaica la coltivazione dei pomodori in Messico (Political Essay on the Kingdom of New Spain). Noto però che il primo lavoro sulle piante di questo paese (Hernandez, Historia) non ne fa menzione. Neanche i primi autori sul Brasile, Piso e Marcgraf, ne parlano, sebbene la specie sia ormai coltivata in tutta l'America intertropicale. Si torna così, per esclusione, all'idea di un'origine peruviana, almeno per la cultura.

De Martius (Flora Brasiliensis) trovò la pianta spontanea nei pressi di Rio-de-Janeiro e Para, ma forse sfuggita alla coltivazione. Non conosco botanico che l'abbia trovato veramente selvatico, nello stato che conosciamo, con i suoi frutti più o meno grandi, irregolari; non è lo stesso della forma a piccoli frutti sferici, chiamata L. cerasiforme in alcune opere di botanica e considerata in altre opere, mi sembra a ragione, come appartenente alla stessa specie. 

Questa è selvatica sulla costa del Perù (Ruiz et Pavon, Flor. peruv.) a Tarapoto, nel Perù orientale (Spruce, n. 4143, Bullettin de l’Herbier Boissier) e ai confini del Messico e degli Stati Uniti verso la California. A volte si naturalizza tra le macerie, vicino alle coltivazioni (Baker, Flora of Mauritius and the Seychelles). È quindi probabile che l'habitat si estenda dal Perù a nord e a sud.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Candolle, Alphonse de, Origine des plantes cultivées, 1883)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il lavoro di A. de Candolle è fondante, rimane esemplare nel metodo e ricco di dati grazie al suo metodo multidisciplinare che unisce botanica, archeologia e linguistica. Sulla base di dati frammentari la sua intuizione lo ha spesso portato a conclusioni corrette, anche se va sottolineato che è in gran parte obsoleto e non dovrebbe assolutamente essere usato come riflesso dello stato della scienza. 

Il botanico svizzero concesse un ruolo eccessivo all'antico Egitto (cosa che fa parte dell'egittomania dell'epoca) ed ebbe nei confronti dei nomi popolari un atteggiamento contraddittorio: conferì un ruolo importante a nomi immotivati, reputati vecchi e presi in prestito da una lingua all'altra qualificando invece come assurdi o ridicoli i nomi motivati, risultanti da innovazioni lessicali. Sarà necessario attendere la comparsa dell'etnobotanica perché questi nomi siano finalmente oggetto di uno studio razionale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Lycopersicum esculentum Mill.) America tropicale. Bancroft (Native races, 1875) afferma che il pomodoro veniva mangiato dalle tribù selvagge del Messico e dalle nazioni Nahua che lo chiamavano tomati. Humboldt dice che si chiamava tomati e veniva seminato tra il mais dagli antichi messicani. Il pomodoro è citato da Acosta (Nat. Mor. Hist. Ind.) tra i prodotti del Messico. I nomi mala Peruviana e pomi del Peru, indicano il suo trasferimento in Europa dal Perù, ma Phillips (Comp. Orch., 1831), non sappiamo da quale autorità, dice che il pomodoro sembra essere stato portato in Europa dal Messico. Nel Treasure of Botany, si dice sia stato introdotto in Europa nella prima parte del XVI secolo.

La prima menzione dei pomodori è di Matthiolus (Comment., 1554) che li chiama pomi d'oro e dice che sono apparsi solo di recente in Italia. Nel 1570 Pena e Lobel (Advers., 1570) danno il nome gold apple nelle lingue tedesca, belga, francese e inglese, che indica la loro presenza in quei paesi in questa data.

(...) Camerarius nel 1586 nel suo Epitome dà il nome francese di pommes d'amours (che corrisponde alla definizione di Lyte) e nel 1588 nel suo Hortus medicus dà i nomi di pomum Indium e il nome straniero di tumatle ex tumatle americanorum. Anguillara nel 1561 li chiama poma Peruviana

Nel 1651 l'History of Nova Hispania di Hernandez ha un capitolo sui tomatl, che include i nostri pomodori e alkekengi; nel 1658 i portoghesi di Giava usavano la parola tomatas. Tuttavia Acosta (Nat. Mor. Hist. Ind.) prima del 1604 usò la parola tomates e Sloane nel 1695 la parola tomato.

(...) C. Bauhin nel suo Pinax, 1596, chiama la pianta tumatle Americanorum. Nel 1656 Parkinson (Par. Terr.) menziona il pomodoro coltivato in Inghilterra solo per ornamento e curiosità; mentre Miller nel 1752 scrive che erano molto usati nelle zuppe ai suoi tempi. 

(...) Poiché Thunberg non menziona il pomodoro in Giappone nel 1776, possiamo presumere che non fosse arrivato ai giapponesi a quella data. Rumphius nel 1755 dà il nome come tomatte usato dai malesi, il che dimostra che aveva raggiunto l'arcipelago orientale prima di questo periodo. Nel 1840 Wilkes (U. S. Explor. Exped) trovò una varietà distinta coltivata nelle Fiji, di colore giallo e delle dimensioni di un piccolo uovo. Il pomodoro fu persino trovato selvatico nell'Africa interna da Grant, intorno al 1860, ma gli indigeni non avevano imparato l'uso del frutto e furono sorpresi dal suo consumo. Long (Hist. Jam., 1774) descrive il pomodoro della Giamaica come molto grande, compresso alle due estremità, profondamente solcato su tutti i lati, ripieno di un succo polposo che ha un po' il sapore del sugo, motivo per cui è spesso usato in zuppe e salse.

Brown (U. S. Pat. Off. Rpt., 1854) dice che fino a circa il 1834 il pomodoro era quasi del tutto sconosciuto in questo paese come ortaggio e nella History of the Massachusetts Horticultural Society (1880) si dice che nel 1844 questo ortaggio stava acquisendo quella popolarità che lo rende così indispensabile in questo momento. Eppure sono citati come coltivati ​​in Virginia da Jefferson già nel 1781. Nel 1798 secondo uno scrittore del Prairie Farmer, il pomodoro fu portato a Filadelfia da un rifugiato francese di Santo Domingo ma non fu venduto nei mercati fino al 1829. 

(...) Thorburn dà indicazioni per la loro coltivazione nel suo Gardeners' Kalendar del 1817, offre solo una varietà nel suo catalogo di semi del 1828 ma offre 31 varietà nel 1881.

Il pomodoro costoluto, con frutta appiattita e più o meno a coste, è il tipo per primo introdotto nella coltura europea ed è descritto in Adversaria del 1570, nonché da molti autori successivi. Le raffigurazioni precedenti indicano che è cambiato poco a causa della coltivazione e che era conosciuto come ora in varietà rosse, dorate, gialle e bianche.

Un frutto è menzionato da J. Bauhin, 1651, e il tipo a foglie bronzate è nominato da Blackwell, 1770. Questo tipo a coste era probabilmente il tipo menzionato da Jefferson come coltivato in Virginia nel 1781, poiché era il tipo la cui introduzione in coltivazione è nota dal 1806 al 1830 circa. Nel 1719 Tournefort nomina una tipologia di colore rosso pallido, una di colore giallo e una di colore bianco e Mawe, 1778, ne nomina una molto comune di colore rosso. Nel 1854 Brown descrive due tipologie per gli orti americani, una larga di colore giallo e una larga di colore rosso.

Del pomodoro tondo non si hanno indicazioni che fosse noto ai botanici arcaici, il primo apparente riferimento è di Tournefort (Inst.,1700) che colloca tra le sue varietà il Lycopersicum rubro non striato; questa stessa varietà fu catalogata da Tilly a Pisa (Cat. Horl. Pisa, 1723). Nel 1842 alcuni semi della varietà Fiji Island furono distribuiti a Filadelfia e Wilkes (U. S. Explor. Exped) descrive il frutto di una varietà come rotondo, liscio, giallo, delle dimensioni di una grande pesca e i frutti di due altre tipologie come piccole uova (...). 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Sturtevant, E. Lewis, Sturtevant's notes on edible plants, 1919)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La pubblicazione di Sturtevant ha permesso di raccogliere molti dati (coerenti per molte specie, ma scarsi per altre) su 2897 specie di piante commestibili tratte da 560 fonti antiche e moderne cosa che rese il testo uno standard di riferimento per molto tempo. Oggi il libro è obsoleto, ma mette in evidenza molte vecchie fonti che altrimenti rimarrebbero trascurate.

Il botanico americano ha fatto un buon uso di fonti europee e nordamericane prendendo spunto anche da riferimenti botanici pre-linnei nonostante abbia avuto accesso solo ad alcune delle molte edizioni di tali libri. Le sue informazioni sono molto più limitate quando si tratta di aree tropicali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dopo essere stato a lungo coltivato per la sola curiosità o piacere, oggi il pomodoro è quasi diventato una pianta considerata ortaggio. È sorprendentemente consumato in Inghilterra, ancor di più negli Stati Uniti. In Francia, soprattutto da 40 anni, il frutto di questa Solanée annuale è ampiamente utilizzato negli alimenti, per salse e condimenti. Si mangia anche farcito.

Il pomodoro era sconosciuto prima della scoperta dell'America. Non si trova, tuttavia, allo stato selvatico nel Nuovo Continente, almeno nella forma che conosciamo; ma il genere delle Solanacee a cui Tournefort ha attribuito il nome di Lycopersicum è esclusivamente americano. La forma con frutti sferici molto piccoli detta Pomodoro Ciliegino (L. cerasiforme) risulta essere il tipo più vicino alla forma selvatica. Le specie con frutti grandi o nervati si vedono solo allo stato coltivato.

Secondo l'osservazione di Candolle, la pianta non ha nome nelle antiche lingue dell'Asia, e nemmeno nelle moderne lingue indiane. È vero che il genere di cui il pomodoro porta il nome è una pianta citata dagli autori dell'antichità classica: Lycopersicum, da lycos, lupo e persicum, pesca - pesca lupo, per le sue proprietà velenose. Potrebbe essere la Mandragora o un'altra Solanacea velenosa, il cui nome fu trasferito a una pianta americana solo in conseguenza di una di quelle false identificazioni, così abituali ai botanici del Rinascimento.

L'origine americana del pomodoro è quindi indiscutibile. L'habitat della specie deve essere il Perù, dove la cultura sembra antica. All'inizio del XIX secolo il naturalista von Martius disse di aver visto pomodori selvatici nei dintorni di Rio-de-Janeiro e Para. Humboldt l'avrebbe trovato selvatico in Venezuela dove forse è stato anche solo naturalizzato. Unger lo vide spontaneamente nelle isole Galapagos, Wilks nelle Fiji e nell'isola dell'Ascensione, Grant nell'Africa centrale. Nei paesi tropicali, la pianta sfuggita agli orti si diffonde facilmente e alla fine ritorna al suo stato primitivo.

La pianta è stata portata in Europa presto, molto prima della patata, del topinambur, del mais e del tabacco. Proviene dal Perù, secondo il nome adottato dai primi descrittori botanici: Mala peruviana, Mela del Perù; in spagnolo Pomi del Perù.

Love-appleLiebesapfel o Pomme d'amour sono ancora i nomi abituali del pomodoro in Inghilterra e Germania. Pomme d'or, che era anche sinonimo di pomodoro, suggerisce che tale fosse il colore dei frutti delle prime piante importate (varietà con frutti gialli).

In Francia il nome pomodoro ha generalmente prevalso su questi sinonimi poetici. Questa parola appartiene nella forma Tomatl alla lingua nahuatl parlata dagli antichi messicani. Sarebbe composto da toma, di significato oscuro - forse frutto - unita al suffisso tl usato nella lingua degli aztechi per formare i nomi. Abbiamo ricevuto la parola dagli spagnoli che l'hanno scritta Tomata o Tomate.

Gli antichi messicani attribuivano grande importanza al pomodoro. Insieme al mais, ai fagioli e al peperone annuale era una delle loro colture principali. Hernandez, nella sua Storia della Nuova Spagna, ha un capitolo di Tomatl, seu planta acinosa vel solano e ne descrive diversi tipi sotto i loro nomi messicani.  Nel trattato De Papyro (1572) Melchior Guillandinus descrive questa pianta come una specie di mela candita, sotto il nome di Tomatle Americanorum

Il più antico catalogo Vilmorin-Andrieux che conosciamo risale al 1760: la Pomme d'amour è ancora classificata in questo catalogo come pianta ornamentale annuale. In un altro catalogo datato 1778, il pomodoro compare tra le piante da orto. Le Bon Jardinier del 1785 lo ammette tra gli ortaggi. La coltivazione doveva essere molto insolita perché Rozier, nel suo Cours d'Agriculture (1789), dice questo: "Questa pianta non è conosciuta dai giardinieri delle province settentrionali, e se la coltivano è più per curiosità che per interesse; ma in Italia, in Spagna, in Provenza, in Linguadoca, questo frutto è molto ricercato".

L'uso del pomodoro si diffuse dapprima tra le nazioni dell'Europa meridionale e gli anglosassoni furono gli ultimi a riceverlo nei loro orti. Il miglioramento di questa pianta vegetale e la creazione di nuove tipologie mediante ibridazione risalgono solo all'ultimo quarto del XIX secolo, in seguito all'enorme estensione delle colture di pomodoro in tutti i paesi del mondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(Gibault, G., Histoire des Legumes, 1912)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dal punto di vista storico Gibault, che non ha trascurato alcuna fonte di documentazione, chiarisce molti fatti e riduce al loro giusto valore alcune leggende prendendo spunto da fossili e piante provenienti da città lacustri; da prove o probabilità tratte da etimologia sanscrita, greca, araba o gotica; prendendo ispirazione da erbari antichi e da citazioni e descrizioni di autori antichi, naturalisti, storici, geografi, scrittori e perfino poeti. Addirittura da economisti per quanto riguarda il valore di mercato o il prezzo delle derrate alimentari di diversi paesi; utilizza l'iconografia e le informazioni tratte dalle riviste di orticoltura e dai cataloghi degli orticoltori… tutto viene raccolto, analizzato, classificato, interpretato e presentato al pubblico in una forma tanto sostanziale quanto gradevole.